Shutter Island – Dipinto a olio di un thriller psicologico

Titolo originale: Shutter Island
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Laeta Kalogridis
Soggetto: Dennis Lehane
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Thelma Schoonmaker
Scenografia: Dante Ferretti
Costumi: Sandy Powell
Cast: Leonardo Di Caprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Emily Mortimer, Patricia Clarkson, Max Von Sydow, Jackie Earle Haley, Ted Levine, John Carrol Lynch, Elias Koteas, Robin Bartlett, Christopher Denham
Produzione: Brad Fischer, Mike Medavoy, Arnold Messer, Martin Scorsese
Nazionalità: U.S.A.
Anno: 2010
Durata: 137′

 

 

A cura di Daniele Russo

 

Anni ’50, i due agenti federali Edward Daniels (chiamato pure Teddy) e Chuck Aule si recano a Shutter Island per investigare sulla scomparsa di Rachel Solando, detenuta nell’ ospedale Psichiatrico sito sul luogo. I due vengono subito mal visti dal personale medico/militare presente sull’isola, restio a dare informazioni ed aiutare i due agenti nelle loro indagini.

Dopo The Departhed (2006), Martin Scorsese dipinge per noi un altro thriller psicologico, che sfocia a tratti nell’ horror. Basato sul romanzo di Dennis Lehane, “L’isola della paura” –  la storia insinua nelle nostre menti il tarlo più difficile da eliminare: il dubbio; la verità è fatta a brandelli e ricomporla è compito del personaggio principale, così come dello spettatore. Il regista tiene alta l’attenzione curando ogni minimo dettaglio, non ci svela quale di questi sia funzionale alla storia, è un invito a riflettere più che a guardare, a riflettere sull’olocausto, sulla cura psichiatrica più adatta ai malati di mente, sul senso di colpa e sulla redenzione.
Il coinvolgimento è totale, ed il nostro alter-ego Teddy Daniels è la conferma che Leonardo Di Caprio è diventato grande.

L’ambientazione è cupa, lugubre, ma straordinarie sono le incursioni nella mente di Teddy, rese con continui cambi di luce; il nostro occhio non fa in tempo ad abituarsi al nero ed al grigio imperante delle scenografie, che subito viene colto da esplosioni rarefatte di colore, in occasione degli incubi e dei ricordi del protagonista. Le ossessioni e le inquietudini del protagonista si confondono con quelle dei pazienti, con quelle nostre. Le parole diventano ambigue, si riempiono e si svuotano di significato, in un vortice di tensione accompagnato dalla splendida colonna sonora del film che procede incessante e minimalista nelle sequenze di azione, ma si fa dolce quando il reale si trasfigura in sogno.
Un film che, come è lecito attendersi, non può darci risposte: il finale lo scegliamo noi stessi rispondendo all’ultimo inquietante interrogativo …