Amazing Marvel

Titolo originale: The Amazing Spider-Man 2
Regia: Marc Webb
Produzione: Avi Arad, Matthew Tolmach
Sceneggiatura: Alex Kurtzman, Roberto Orci, Jeff Pinkner
Soggetto: Alex Kurtzman, Roberto Orci, Jeff Pinkner, James Vanderbilt – dal fumetto creato da Stan Lee e Steve Ditko
Fotografia: Daniel Mindel
Montaggio: Pietro Scalia
Scenografia: Mark Friedberg
Costumi: Deborah Lynn Scott
Cast: Andrew Garfield, Emma Stone, Jamie Foxx, Dane DeHaan, Colm Feore, Felicity Jones, Paul Giamatti, Sally Field, Chris Cooper, Denis Leary
Nazionalità: U.S.A.
Anno: 2014
Durata: 142′

imageA cura di Alexia Altieri

 

Firmata Marvel, e quindi portatrice di un marchio dai tratti ben riconoscibili, questa nuova versione dell’Uomo-Ragno presenta, nel bene o nel male, tutti i cliché del genere fantasy /action che rappresenta. Gli appassionati dell’universo Marvel nutrono già precise aspettative nei confronti del celebre supereroe dei fumetti e, Marc Webb, anche questa volta, non delude.
Una regia impeccabile ci guida in una sorta di viaggio allucinatorio tra i grattacieli ed i maxi-schermi di un’America costantemente minacciata da personaggi dotati di poteri straordinari, i quali sono sempre conseguenza di un incidente o di un esperimento andato male. In questo secondo capitolo della nuova saga dedicata a Spider-Man, Webb ci presenta ben tre villains dell’eroe, ovvero Electro, Goblin e Rhino. Questo concentrato di anti-eroi c’introduce il fulcro del progetto a cui dà origine Harry Osborn già alla fine di questo film che, a sua volta, funge da introduzione allo spin-off ancora in lavorazione dal titolo “I Sinistri Sei“.

Oltre all’infinita lotta tra bene e male, questo film presenta anche diverse sotto-trame, tra cui predomina la storia d’amore tra Peter Parker e Gwen Stacy, che in questo film ha un sapore dolce amaro. I due intercedono a fatica fino alla fine, protagonisti di un amore che ad un certo punto sembra trionfare, ma subito dopo svela il proprio risvolto tragico. Una trama che si rivela, pertanto, perfettamente fedele alla propria matrice fumettistica.
Inoltre, il regista ci propone anche un vero e proprio tuffo nel passato misterioso di Peter, mostrandoci il movente che spinse i suoi genitori ad affidarlo alle cure degli zii ed il motivo alla base del loro assassinio. Riguardo a ciò, se in un primo momento, Peter si sente affine al proprio amico di vecchia data, Harry Osborn, proprio perché entrambi vittime dell’abbandono da parte di propri genitori, sarà proprio a seguito della presa di coscienza dell’inevitabilità della scelta fatta da suo padre che prenderà definitivamente le distanze da Harry.

Sia Electro che Goblin sono il risultato di una metamorfosi, sia a livello fisico, che a livello spirituale, che a livello narrativo, passando da alleati dell’eroe a suoi acerrimi nemici determinati a distruggerlo.
Max Dillon /Electro, dapprima feticista del supereroe, vi si rivolterà contro mosso da una sorta di ossessione scopica, per cui, una volta conquistata la scena, soccomberà alla paura che Spider-Man avesse potuto rigettarlo nell’anonimato.
Goblin è la crudele metamorfosi di Harry Osborn, vecchio amico di Peter, che arriverà a detestarlo una volta scoperta la sua doppia identità.
Entrambi nemici generati dallo stesso Spider-Man, insomma, inebriati dal potere e mossi da un forte sentimento di vendetta.

Nella tradizionale ultima scena, a metà dei titoli di coda, invece, compare una scena tratta da “X-Men – Giorni di un futuro passato”. Ebbene, nessuna illusione, non si tratta del preannuncio di un futuro crossover, ma piuttosto un banale scambio di favori tra le due major.

In ultima istanza, vi propongo una curiosità: Felicia Hardy, nel film segretaria di Harry Osborn, è il nome della Gatta Nera di fumetti, amica e nemica di Spider-Man. Potrebbe trattarsi, quindi, di uno di quei tanti dettagli all’apparenza irrilevanti di cui la Marvel dissemina ogni suo film; appigli a cui ricollegarsi nei capitoli successivi.
Miei cari appassionati, occhi aperti !

“L’uomo ha paura di ciò che non conosce”

Titolo originale: Transcendence
Regia: Wally Pfister
Produzione: Kate Cohen, Broderick Johnson, Andrew A. Kosove, Annie Marter, Marisa Polvino, Aaron Ryder, David Valdes
Sceneggiatura: Jack Paglen
Soggetto: Jack Paglen
Fotografia: Jess Hall
Montaggio: David Rosenbloom
Scenografia: Chris Seagers
Costumi: George L. Little
Cast: Johnny Depp, Rebecca Hall, Paul Bettany, Morgan Freeman, Cillian Murphy, Kate Mara, Cole Hauser, Clifton Collins Jr, Josh Stewart, Wallace Langham, Lukas Haas
Nazionalità: U.S.A., Regno Unito
Anno: 2014
Durata: 119′

tratta dal film di Wally Pfister: Transcendence (aprile 2014)

A cura di Alexia Altieri

 

Wally Pfister esordisce alla regia con Transcendence, con il quale ci mette di fronte al quesito che l’intera umanità si pone dalla nascita di Internet in poi: Fino a dove può arrivare la tecnologia? Quali meravigliose rivoluzioni può compiere?

In questo film, che ha del metafisico, Evelyn Caster, poco prima della dipartita del marito Will, ricercatore nel campo dell’intelligenza artificiale, riesce a trasporne il cervello in un computer attraverso il cosiddetto metodo della trascendenza, consentendogli di sopravvivere ed espandersi.

Mediante l’uso delle tanto contestate cellule staminali, l’intelligenza artificiale del dottor Caster compie numerose scoperte che, attraverso la nano-tecnologia, portano ad una vera e propria rivoluzione, nel campo della medicina e  della salvaguardia dell’intero ecosistema.

Ma c’è chi vuole sabotare il sistema, spaventato dall’ipotesi che la razza umana possa essere soppiantata da cyborg efficientissimi quanto privi di sentimento. In realtà, il dottor Caster, si pone fin dall’inizio l’obiettivo di realizzare un’intelligenza artificiale che contenga l’intera gamma delle emozioni umane. Pertanto, Caster si propone come una sorta di rinnovato uomo bicentenario (L’uomo bicentenario, Chris Columbus, 1999) che, una volta privato della propria umanità, poiché il suo corpo, l’involucro che conteneva la sua anima, viene separato da quest’ultima, raggiunge la massima espansione delle proprie facoltà, mantenendo anche i propri sentimenti e la propria coscienza.  E’ proprio la possibilità di conservare coscienza di sé, ciò su cui s’interroga Joseph Tagger (Morgan Freeman) e l’intera umanità.

“L’uomo ha paura di ciò che non conosce” e, aggiungerei, soprattutto teme la perfezione. Non a caso, durante l’udienza in cui il Dott. Caster parla delle proprie scoperte, uno degli ascoltatori gli domanda se fosse sua intenzione ricreare un Dio.
Del resto, l’uomo non ha forse la presunzione di considerarsi l’ultimo stadio dell’evoluzione?

In questo film, squisitamente fantascientifico, troviamo un Johnny Depp molto maturato, il quale si era già cimentato con il genere, nel thriller di fantascienza – ed insapore – The Astronaut’s Wife (La moglie dell’astronauta, Rand Ravich, 1999). Sicuramente, in Trascendence, l’attore convince molto di più, dando anche ulteriore prova del proprio eclettismo, in risposta a chi lo giudica monotematico.

Ottimo esordio di regia per Pfister, che si destreggia tra dettagli (restituendoci quel sapore di nano-tecnologia) e campi lunghissimi (che si fanno sinonimo di espansione, evoluzione).
Transcendence s’interroga su alcuni importanti – ed estremamente contemporanei – quesiti dell’umanità. Il film di Pfister ci appare come un ibrido, mescola fantascienza, adrenalina e dramma, non tralasciando, però, anche la parte sentimentale della vicenda. Un film completo che, sicuramente, vale la pena vedere.

Era un mondo in bianco e nero

 

Titolo originale: The Butler
Regia: Lee Daniels
Produzione: Lee Daniels, Cassian Elwes, Buddy Patrick, Laura Ziskin
Sceneggiatura: Lee Daniels, Danny Strong
Soggetto: Will Haygood
Fotografia: Andrew Dunn
Montaggio: Joe Klotz
Scenografia: Tim Galvin
Costumi: Ruth E. Carter
Cast: Forest Whitaker, Oprah Winfrey, David Oyelowo, Cuba Gooding JR, Lenny Kravitz, John Cusack, Robin Williams, James Marsden, Alan Rickman, Liev Schreiber, Minka Kelly, Jane Fonda
Nazionalità: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 113′

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A cura di Alexia Altieri

Un prologo nelle piantagioni di cotone che hanno lo stesso sapore di sangue di quelle di Django Unchained di Quentin Tarantino, la magistrale interpretazione di Forest Whitaker, la lotta estenuante dei neri contro la violenza, l’ignoranza e contro la propria dignità, per poi giungere all’epilogo che in realtà è solo l’inizio di una Nazione Libera, senza più leggi razziali né terrore, con il primo Presidente nero degli Stati Uniti d’America.

Ed è subito capolavoro: Lee Daniel ha realizzato un film emozionante proprio perché così intriso di verità e di storia. La storia di un popolo che ha dovuto chinare la testa davanti alla scelta, tutto fuorché umana, di ubbidire o morire, di resistere o soccombere. Un padre che per mantenere la propria famiglia nell’agio di una casa al sicuro dalla cattiveria degli uomini, ha dovuto rinunciare ad essere sé stesso per essere ciò che gli altri volevano vedere: una persona trasparente, o peggio, “un negro di casa”.

Nei 132 minuti di pellicola ci viene mostrata, senza troppi filtri, di quali mostruosità è capace l’uomo, di quale superbia ed egoismo. Allo stesso modo, d’altro canto, Daniels fa chapeau a chi è morto per sostenere i propri ideali, per sostenere il proprio popolo (Martin Luther King) o per ridare il giusto orientamento alla propria nazione (John Fitzgerald Kennedy).

Più semplicemente, il film ci mostra un paese che, caparbio o più correttamente ottuso, non rinuncia a voler guardare ad un mondo in bianco (bianchi) e nero (neri), senza accorgersi quanto, in realtà, la vita sia ricca di colore.