Hotel Transylvania 2 – un sequel da brrrrivido

A cura di Matilde De Nobili

Il film da brivido, prodotto dalla Sony Pictures Animation per la Columbia Pictures, preferito dai più piccoli sta per tornare.

I personaggi saranno sempre gli stessi di Hotel Transylvania con l’aggiunta, però, di alcune fondamentali new entry: il padre di Dracula, l’anziano e secolare vampiro Vlad e il figlio di Mavis.

Il resort gestito dal conte Dracula apre finalmente le porte agli umani e Mavis fa una full immersion nella tradizioni non-da-mostro insieme a Jonathan. Nonno Dracula deve improvvisamente quindi mettersi nei panni della baby-sitter per il nipotino che, purtroppo per il conte, presenta le caratteristiche di un umano e non di un mostro. Dracula, ritenendo insufficiente l’aiuto dei suoi amici per sviluppare il lato vampiresco del nuovo nato, chiama in aiuto un mostro d’eccezione: suo padre Vlad.

Il film è diretto da Genndy Tartakovsky e vede nel “cast vocale” la presenza di Adam Sandler, Selena Gomez, Steve Buscemi, Kevin James, David Spade e Fran Drescher come per il primo capitolo.

Per quanto riguarda la distribuzione del trailer i più curiosi hanno potuto soddisfare – in parte – la loro impazienza il 12 marzo 2015. Per il film vero e proprio, invece, l’attesa sarà più lunga: negli Stati Uniti la data è stata fissata per il 25 settembre 2015 e in Italia dal 15 ottobre dello stesso anno.

Fuga in tacchi a spillo-le ricercate più spassose del grande schermo

A cura di Matilde De Nobili

Fuga in tacchi a spillo (Hot Pursuit) è un film del 2015 diretto da Anne Fletcher, con protagoniste Reese Witherspoon e Sofía Vergara.

Figlia di un capo poliziotto – l’agente Cooper segue le orme professionali del padre. Rigida e single e forse leggermente ottusa, è conosciuta nel suo ambiente a causa di un clamoroso errore ai danni del figlio del sindaco, passato alla storia come un’esilarante “cooperata“.
Confinata per anni ad archiviare le prove in centrale senza mai un momento di gloria, ottiene finalmente l’incarico di scortare a Dallas la moglie di un pentito del clan di Cortèz – boss del traffico di stupefacenti.
Le due non potrebbero essere più diverse: una piccola e rigida, l’altra tutta curve e brio.
Loro malgrado si ritroveranno ad essere le uniche sopravvissute ad un’imboscata: una strana coppia in perenne fuga dai proiettili in balia di liti continue.

Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi l’8 maggio 2015, mentre in quelle italiane il 18 giugno 2015.

Jurassic World – Il film più atteso degli ultimi anni

A cura di Matilde De Nobili

Dopo la saga di Jurassic Park (1993-1997 Steven Spielberg, 2001 Joe Johnston), Jurassic World era uno dei film più attesi degli ultimi tempi.

I giovani di ieri – bramosi di assaporare gli ultimi brandelli di una spensierata gioventù, e quelli di oggi si sono catapultati nelle sale cinematografiche, rinunciando ai primi soli estivi, pur di immergersi nell’incantevole mondo giurassico creato da Colin Trevorrow.

Dopo un’attesa di ben tredici anni, il film sarebbe dovuto essere distribuito il 4 giugno 2014, ma l’uscita è stata rimandata all’anno seguente a causa di divergenze tra la Universal Pictures e gli sceneggiatori.
Il 23 novembre 2014 è stato distribuito il teaser trailer – mentre, il full trailer è stato distribuito online in tutte le lingue il 25 novembre. Infine, Jurassic World è stato distribuito in Italia a partire dal 11 giugno 2015, mentre negli Stati Uniti dal 12 giugno.

Per riassumere brevemente la trama: Jurassic Park, situato presso Isla Nublar, è ora un parco a tema a tutti gli effetti, come era nell’idea di John Hammond nel primo film. Un numero incredibile di visitatori si reca ogni anno a visitarlo e lo spettacolo che si presenta ai loro occhi è strabiliante: cose mai viste prima, creature inimmaginabili.
Per soddisfare la sete di novità dei visitatori, nel laboratorio del parco viene creato un nuovo dinosauro – frutto del mix dei diversi DNA di dinosauri preistorici. L’ibrido, l’Indominus Rex – è una creatura estremamente intelligente e avanzata; troppo per le guardie del parco che cadono nella trappola del dinosauro, liberandolo per il parco, libero di sterminare ogni cosa che si muova.

Sicuramente non è il film indicato per gli amanti delle pellicole romantiche e tranquille – tuttavia, sia per gli effetti speciali che si vocifera siano strabilianti, sia per la storia piena di colpi di scena, a mio avviso è un film da inserire nella wish-list.

TED 2 – Il Ritorno dei Rimbombamici

A cura di Alexia Altieri

Articolo pubblicato su NewsCinema Magazine di Giugno 2015 – Anno II – N.06 – [Pagg. 4-7] (download qui)
Ted sta per venire … di nuovo” – la tagline contenuta nel teaser poster dedicato al ritorno dell’orsetto più irriverente di sempre, è già di per sé abbondantemente esplicativa.
Ted – l’orsetto nato dal genio di Seth MacFarlane, creatore della celebre serie animata per adulti – I Griffin, sta per tornare sul grande schermo dopo il successo planetario ottenuto nel 2012.
Seth MacFarlane – che ricoprirà il molteplice ruolo di regista, produttore, sceneggiatore e doppiatore (oltre che interprete vero e proprio, attraverso il motion capture) del volgare orsacchiotto, riprende il topos dell’amico immaginario e dissacra e re-inventa totalmente il Teddy Bear: non più il morbido peluche, che i bimbi di tutto il mondo stringono tra le braccia, cullati da una nuova fiaba della buona notte, ma uno sboccato e molesto orsetto di pezza dalle voglie singolari e piuttosto politically incorrect.

Ted prende vita nella magia di una notte di Natale, in cui il desiderio del piccolo John Bennet (Mark Wahlberg) di trovare rimedio alla sua incolmabile solitudine, viene esaudito – ed ecco, che ha inizio una profonda amicizia – tutta al maschile, tra l’ormai trentacinquenne John, che ha qualche difficoltà a sopprimere l’eterno Peter Pan che abita in lui, ed il suo carismatico (quanto maleducato e sconveniente) orsetto di peluche parlante – amico immaginario che ha riempito la sua infanzia, ed è diventato ora, un inevitabile ostacolo per la sua effettiva maturazione.

Se il primo lungometraggio in live-action di MacFarlane è stato rimpinzato di scene esilaranti e inopportune sulle tematiche più disparate – tra cui, le sostanze psicogene, la prostituzione, l’omosessualità, la religione – da cui trapela un vizioso ritratto di Ted, amante delle droghe leggere e del sesso facile, questo sequel ci racconta il suo desiderio di stabilità, di paternità e di famiglia. Se l’animale parlante progredisce e si evolve – diventando un vero adulto, sposato e detentore del valore della famiglia, il suo migliore amico umano pare rimanere nella vacua dimensione di “bambino mai cresciuto”. In una storia come questa la cosiddetta sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore è d’obbligo!

Il fulcro gravitante di tutta la vicenda è la questione legale che un “insolitamente simil serio” Ted è chiamato ad affrontare per poter diventare padre a tutti gli effetti. Passi il Vi dichiaro orsacchiotto e moglie – poiché, al giorno d’oggi “La gente ormai non si scandalizza più per niente”, come recita il voice over del trailer ufficiale della pellicola – ma la paternità rimane ancora un concetto troppo delicato da affrontare.
La tematica della diversità palpita al di sotto di una trama apparentemente banale e demenziale – e, a mio parere, non è avventato pensare che al di là della lotta giuridica dell’orsetto (con tanto di Morgan Freeman nei panni di avvocato dei diritti civili) per dimostrare la propria “umanità” e quindi idoneità al diventare padre, ci sia l’attualissima lotta da parte delle coppie omosessuali per la conquista degli stessi diritti alla genitorialità. Ma per trovare piena conferma a questa mia tesi, mi riservo di aspettare l’uscita in sala del film – il 25 giugno in Italia.

L’adorabile e scorrettissimo orsetto senza (paradossalmente) peli sulla lingua è diventato un’indiscutibile icona trash del cinema d’animazione – l’orso più cafone della storia, ed il primo che è riuscito a conquistare milioni di spettatori attraverso la propria irriverenza che stimola la risataccia, e non tramite la sconfinata bontà, ingenuità e dolcezza che da sempre caratterizza l’orso di peluche nell’immaginario filmico e non, di grandi e piccini.
Ancora una volta, è un orsetto a dominare la scena – anche se non per il coraggio di Iorek Byrnison, l’orso corazzato di La bussola d’oro (2007),

e senza una storia triste alle spalle che ne giustifichi i comportamenti disdicevoli, come quella dell’incattivito orsacchiotto Lotso Grandi Abbracci di Toy Story 3 (2010).

Ted è certamente pestifero e giocherellone – indimenticabile la scena al supermercato del primo capitolo di Ted, quando l’orsetto si destreggia in una lasciva escalation di movenze sessuali per conquistare una cassiera –

  ma con un’accezione dei termini nettamente in contrapposizione rispetto a quanto s’intende per il piccolo ed ingenuo Koda di Koda fratello orso (2003). Ben lontano, inoltre, dalla saggezza dell’intramontabile ed iconico Winnie The Pooh, il personaggio Disney dolce come il miele, e dalla buffa goffaggine del pasticcione Baloo di Il libro della giungla (1967) – Ted è pieno di vizi, quelli più riprovevoli degli esseri umani, anche se ora sembra aver messo la testa a posto …


Tuttavia, la posizione più antitetica rispetto a Ted, è ricoperta dall’educato e servizievole orsetto Paddington – icona british, inconfondibile, con cappellino rosso e montgomery blu – l’uno scurrile, vizioso ed irriverente, l’altro pasticcione, gentile e amorevole. Gli occhioni sensibili (e umani) dell’orsetto bruno del Perù, nato dalla penna dello scrittore Michael Bond, ammorbidiscono il cuore, mentre quelli vispi, “a bottone” di Ted, non possono non fare simpatia.

 Entrambi quindi, personaggi riuscitissimi, con una marcia in più, che adorerei vedere a confronto in un ideale crossover in puro stile marvelliano – un irresistibile universo parallelo, in cui il sofisticato orsetto inglese potrebbe confrontarsi con l’impudico peluche americano …
Chissà.

Brad Pitt – 50 anni e non sentirli

A cura di Alexia Altieri

Articolo pubblicato su NewsCinema Magazine di Giugno 2015 – Anno II – N.06 – [Pagg. 12-16] (download qui)

Attualmente sul grande schermo alla guida di un carro armato chiamato Fury – la lucentezza di una star come Brad Pitt, anche dopo 50 primavere, continua a brillare nel firmamento hollywoodiano.

È stato un ladro-autostoppista, nel film trampolino di lancio che ha decretato l’inizio della sua fama – Thelma & Louise (Ridley Scott, 1991), e poi è diventato un sex symbol a livello mondiale – con tanto di (doppia) incoronazione da parte del settimanale People, come uomo più sexy del mondo – consacrato da pellicole come Vento di passioni, Intervista col vampiro e l’enigmatico (e geniale) Seven.
L’abbiamo visto donare bellezza, eleganza e fascino alla Morte, e poi nei panni del doppio superomistico di un’anima scissa, afflitta da psicosi; ed ancora, tra daghe, toghe e tuniche nell’interpretazione dell’epico Achille omerico (da cui ha ereditato anche una certa fragilità dei talloni) – per poi afferrare le pistole di un marito annoiato che in realtà cela, al di là della propria abulia, la lucidità di un fatale sicario.
Abbiamo inalato umidità e adrenalina, tra gli spari del fuorilegge Jesse James; abbiamo sospirato, tra un sorriso ed il suo retrogusto amaro, nell’assistere ad un’affascinante vita che va al contrario; abbiamo abbracciato quel sogno proibito di vendetta da parte degli ebrei, esercitata dai Bastardi dell’ambizioso film con cui Tarantino ha – a suo modo – riscritto la storia.

William Bradley Pitt nasce a Shawnee – Oklahoma il 18 dicembre 1963. Maggiore di tre fratelli, cresce a Springfield dove inizia un percorso universitario che non lo gratifica, e sviluppa inconsciamente un amore viscerale per il cinema.

Da giovane frequentavo i drive-in con tutta la mia famiglia – racconta l’attore – penso sia da questo che è nato il mio interesse per la recitazione”.

Così lascia tutto e si trasferisce a Los Angeles – con una piccola somma di denaro in una tasca, ed un grande sogno nell’altra. Qui, tra lavori occasionali ed un buffo travestimento da pollo per pubblicizzare il ristorante El Pollo Loco, s’impegna per guadagnare quanto necessario al pagamento delle prime lezioni di recitazione.
Se determinazione ed ambizione sono state le sue armi vincenti, la sua esteriorità ha fatto il resto – e ben presto, gli sfavillanti portoni di Hollywood si sono spalancati dinanzi a lui. Nato come sex symbol, nel corso delle sue interpretazioni, Brad ha dimostrato di essere bello e anche molto bravo – seppure l’Academy non l’abbia mai premiato come migliore attore. Eppure, nel suo curriculum annovera interpretazioni che avrebbero indubbiamente meritato una statuetta.

In Fight Club (David Fincher, 1999), ad esempio, interpreta un ruolo complesso ed enigmatico – per la preparazione del quale, è costretto a sottoporsi ad un duro allenamento e sceglie, inoltre, di farsi rimuovere una parte della dentatura per infondere maggiore credibilità al proprio personaggio. Tyler Durden è il risultato di un ego ipertrofico, afflitto da un profondo disagio esistenziale – Brad Pitt è l’altra faccia della stessa medaglia dello psicotico interpretato da un altrettanto eccellente Edward Norton. Questo capolavoro di Fincher, sempre così incredibilmente attuale ed impossibile da intrappolare in un’unica definizione – una pellicola drammatica, seppur a suo modo grottesca, con venature thriller, sullo sfondo di un allucinatorio viaggio psicanalitico – consacra l’attore nell’aurea dimensione divistica.
Tuttavia, Brad aveva già avuto modo di interfacciarsi con la pazzia, in L’esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam (1995) – che gli aveva fatto conquistare la sua prima nomination agli Oscar come attore non protagonista.

Particolarmente a proprio agio in ruoli complessi, di un certo spessore psicologico, è assolutamente da citare l’interpretazione che l’attore fa del personaggio simbolico della morte – in Vi presento Joe Black di Martin Brest, 1998 (remake di La morte in vacanza, Mitchell Leisen, 1934). Una Morte bramosa di Vita ed, in particolare, della più alta espressione di energia vitale che è l’Amore – una Morte di cui tutti noi avremmo meno paura se avesse il volto e la delicatezza di Brad Pitt. L’attore riesce ad infondere credibilità a questo ruolo, attraverso un silenzio carico di malinconia ed emozioni al loro stadio primordiale. Eros e Thanatos volteggiano in un toccante tango per tutta la durata del film – e alla fine rimane solamente una certezza: la vita è un’esperienza a cui è difficile rinunciare, perfino per la Morte.

Il bel divo ha interpretato un ruolo altrettanto toccante in Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher, 2008. Il regista descrive il suo personaggio in questi termini:

“Benjamin è come un pallino da biliardo e tutti coloro che incontra lasciano un segno su di lui. Questa è la vita: una collezione di ammaccature e graffi che ti fanno essere quello che sei e nessun altro”.

Benjamin Button porta su di sé, fin dalla nascita, i segni del Tempo – indiscusso protagonista di questa singolare pellicola, tratta da un racconto breve di Francis Scott Fitzgerald. La storia narra di un uomo che vive il proprio tempo all’incontrario – nascendo con il peso degli anni sulle spalle e i segni della saggezza che gli solcano il volto. L’ottuagenario, con lo scorrere del tempo, vedrà la pro, passare dal vigore fisico dei trent’anni, ai brufoli adolescenziali sulle gote, al pianto di un neonato che è giunto al termine del proprio ciclo vitale. Brad, che è stato invecchiato e ringiovanito per la parte – grazie al prezioso aiuto di make-up ed effetti speciali moderni – è stato chiamato a misurarsi con una sfida ben più grande di quella che potrebbe essere un’evoluzione fisica, bensì quella psicologica – creare un personaggio, la cui vita è scandita da una singolare commistione di evoluzione e regressione. Il film è stato spunto di riflessione anche per l’attore stesso:

“Questo film mi ha fatto un regalo, mi ha fatto capire che il tempo che abbiamo è breve. Oggi non so se ho di fronte ancora dieci giorni o 40 anni. Sono alla fine o a metà della mia strada? Non lo so, quindi devo stare attento a non sprecare un singolo momento in meschinità, amarezza o pigrizia. E a circondarmi solo di persone importanti per me. […] Ho un amico che lavora in un ospizio e mi ha detto che gli anziani, vicino alla morte, non parlano dei loro successi o dei libri scritti o dei trofei conquistati. No, parlano solo delle persone che hanno amato”.

Con una moglie come Angelina Jolie – per la cui unione fu galeotto il film Mr. & Mrs. Smith – ed una tribù di 6 figli al seguito, a Brad non mancheranno sicuramente persone da amare!

Attore dal talento versatile, nella cui filmografia – oltre a pazzia e romanticismo, si contano svariate (ed ottime) interpretazioni nei più disparati generi.
Basti pensare alla fortunata trilogia blockbuster, in stile squisitamente comedy-crime inaugurata da Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, nel 2001: per cui Brad, affiancato da uno sgangherato gruppo di simpatiche canaglie, interpretate da colleghi del calibro di George Clooney, Matt Damon, Andy Garcia e Julia Roberts – si è misurato con il genere gangster.

Di recente, poi, l’action sembra essere indubbiamente diventato il genere prediletto dall’attore – che abbiamo visto destreggiarsi tra spari, truffe e guerre in titoli come Cogan – Killing Them Softly (Andrew Dominik, 2012), il fantascientifico World War Z (Marc Forster, 2013), The Counselor – Il procuratore (Ridley Scott, 2013) ed il recentissimo  (David Ayer, 2015).

Si può dire che Brad non abbia sbagliato un colpo – ed è per questo che, seppur l’attore abbia svelato la propria volontà di dedicarsi esclusivamente alla produzione cinematografica, con la sua Plan B, noi ci auguriamo che l’accattivante sex symbol, nato on the road negli anni Novanta e maturato, fino a diventare uno dei divi più celebri della Storia del Cinema, non smetta di regalarci interpretazioni da Oscar (o quasi).

TED 2 – Il Ritorno dei Rimbombamici

A cura di Alexia Altieri

Articolo pubblicato su NewsCinema Magazine di Giugno 2015 – Anno II – N.06 – [Pagg. 4-7] (download qui)
Ted sta per venire … di nuovo” – la tagline contenuta nel teaser poster dedicato al ritorno dell’orsetto più irriverente di sempre, è già di per sé abbondantemente esplicativa.
Ted – l’orsetto nato dal genio di Seth MacFarlane, creatore della celebre serie animata per adulti – I Griffin, sta per tornare sul grande schermo dopo il successo planetario ottenuto nel 2012.
Seth MacFarlane – che ricoprirà il molteplice ruolo di regista, produttore, sceneggiatore e doppiatore (oltre che interprete vero e proprio, attraverso il motion capture) del volgare orsacchiotto, riprende il topos dell’amico immaginario e dissacra e re-inventa totalmente il Teddy Bear: non più il morbido peluche, che i bimbi di tutto il mondo stringono tra le braccia, cullati da una nuova fiaba della buona notte, ma uno sboccato e molesto orsetto di pezza dalle voglie singolari e piuttosto politically incorrect.

Ted prende vita nella magia di una notte di Natale, in cui il desiderio del piccolo John Bennet (Mark Wahlberg) di trovare rimedio alla sua incolmabile solitudine, viene esaudito – ed ecco, che ha inizio una profonda amicizia – tutta al maschile, tra l’ormai trentacinquenne John, che ha qualche difficoltà a sopprimere l’eterno Peter Pan che abita in lui, ed il suo carismatico (quanto maleducato e sconveniente) orsetto di peluche parlante – amico immaginario che ha riempito la sua infanzia, ed è diventato ora, un inevitabile ostacolo per la sua effettiva maturazione.

Se il primo lungometraggio in live-action di MacFarlane è stato rimpinzato di scene esilaranti e inopportune sulle tematiche più disparate – tra cui, le sostanze psicogene, la prostituzione, l’omosessualità, la religione – da cui trapela un vizioso ritratto di Ted, amante delle droghe leggere e del sesso facile, questo sequel ci racconta il suo desiderio di stabilità, di paternità e di famiglia. Se l’animale parlante progredisce e si evolve – diventando un vero adulto, sposato e detentore del valore della famiglia, il suo migliore amico umano pare rimanere nella vacua dimensione di “bambino mai cresciuto”. In una storia come questa la cosiddetta sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore è d’obbligo!

Il fulcro gravitante di tutta la vicenda è la questione legale che un “insolitamente simil serio” Ted è chiamato ad affrontare per poter diventare padre a tutti gli effetti. Passi il Vi dichiaro orsacchiotto e moglie – poiché, al giorno d’oggi “La gente ormai non si scandalizza più per niente”, come recita il voice over del trailer ufficiale della pellicola – ma la paternità rimane ancora un concetto troppo delicato da affrontare.
La tematica della diversità palpita al di sotto di una trama apparentemente banale e demenziale – e, a mio parere, non è avventato pensare che al di là della lotta giuridica dell’orsetto (con tanto di Morgan Freeman nei panni di avvocato dei diritti civili) per dimostrare la propria “umanità” e quindi idoneità al diventare padre, ci sia l’attualissima lotta da parte delle coppie omosessuali per la conquista degli stessi diritti alla genitorialità. Ma per trovare piena conferma a questa mia tesi, mi riservo di aspettare l’uscita in sala del film – il 25 giugno in Italia.

L’adorabile e scorrettissimo orsetto senza (paradossalmente) peli sulla lingua è diventato un’indiscutibile icona trash del cinema d’animazione – l’orso più cafone della storia, ed il primo che è riuscito a conquistare milioni di spettatori attraverso la propria irriverenza che stimola la risataccia, e non tramite la sconfinata bontà, ingenuità e dolcezza che da sempre caratterizza l’orso di peluche nell’immaginario filmico e non, di grandi e piccini.
Ancora una volta, è un orsetto a dominare la scena – anche se non per il coraggio di Iorek Byrnison, l’orso corazzato di La bussola d’oro (2007),

e senza una storia triste alle spalle che ne giustifichi i comportamenti disdicevoli, come quella dell’incattivito orsacchiotto Lotso Grandi Abbracci di Toy Story 3 (2010).

Ted è certamente pestifero e giocherellone – indimenticabile la scena al supermercato del primo capitolo di Ted, quando l’orsetto si destreggia in una lasciva escalation di movenze sessuali per conquistare una cassiera –

  ma con un’accezione dei termini nettamente in contrapposizione rispetto a quanto s’intende per il piccolo ed ingenuo Koda di Koda fratello orso (2003). Ben lontano, inoltre, dalla saggezza dell’intramontabile ed iconico Winnie The Pooh, il personaggio Disney dolce come il miele, e dalla buffa goffaggine del pasticcione Baloo di Il libro della giungla (1967) – Ted è pieno di vizi, quelli più riprovevoli degli esseri umani, anche se ora sembra aver messo la testa a posto …


Tuttavia, la posizione più antitetica rispetto a Ted, è ricoperta dall’educato e servizievole orsetto Paddington – icona british, inconfondibile, con cappellino rosso e montgomery blu – l’uno scurrile, vizioso ed irriverente, l’altro pasticcione, gentile e amorevole. Gli occhioni sensibili (e umani) dell’orsetto bruno del Perù, nato dalla penna dello scrittore Michael Bond, ammorbidiscono il cuore, mentre quelli vispi, “a bottone” di Ted, non possono non fare simpatia.

 Entrambi quindi, personaggi riuscitissimi, con una marcia in più, che adorerei vedere a confronto in un ideale crossover in puro stile marvelliano – un irresistibile universo parallelo, in cui il sofisticato orsetto inglese potrebbe confrontarsi con l’impudico peluche americano …
Chissà.

I dilettanti costruirono l’Arca, i professionisti il Titanic

A cura di Alexia Altieri

Titanic (James Cameron, 1997) è il ricalco con carta da lucido di una delle più grandi tragedie di tutti i tempi. Cameron, attraverso il racconto dell’anziana superstite Rose DeWitt Bukater (Gloria Stuart) ci narra, con gentilezza e rispetto, la storia che ha segnato la fine di un’epoca. Costruito nel 1909 dalla White Star Line, il mastodontico transatlantico RMS Titanic si fece vessillo della grandiosità e magnificenza della tecnologia moderna. Quello che era considerato un titano “inaffondabile”, emblema di grandezza e potenza divina, diventò inaspettatamente simbolo dell’inevitabile vulnerabilità dell’uomo al cospetto della natura. Un’opera mastodontica, dai numeri da record: con un peso di circa 46.000 tonnellate ed una lunghezza di circa 270 metri per circa 53 metri d’altezza, era il più grande e lussuoso transatlantico del mondo.
Un progetto ambizioso, forse troppo, che segnava – a suo modo – ancor di più la netta demarcazione che divideva e qualificava gli uomini non in quanto tali, ma piuttosto sulla base della loro appartenenza a diverse classi sociali. La ricchezza era uno dei capisaldi della Belle Époque: tutto risplendeva di ottimismo e riluceva dell’oro massiccio che agghindava i collier delle appartenenti all’aplomb borghese, ed il futuro profumava di innovazione tecnologica e onnipotenza.

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